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Droni e archeologia: nuovi metodi di ricerca

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Droni e archeologia: nuovi metodi di ricerca attraverso l’impiego di questi mezzi sono stati messi in campo dagli studiosi islandesi. Si tratta di un progetto dei ricercatori dell‘Earlham College che ha lo scopo di approfondire il passato nordico degli abitanti dell’isola finanziato dalla National Geographic Society.

Due sono le figure maggiormente importanti di questo studio: l’informatico Charlie Peck e il biologo Emmett Smith che hanno trascorso un mese circa sull’estremità di una penisola sulla costa orientale dell’Islanda. Per il progetto non ci si è infatti avvalsi più solo della presenza di archeologi, ma di esperti nel settore dell’informatica, come appunto Peck, che mettono in campo nuove tecnologie e biologi, come Smith, che sono in grado di identificare il DNA trovato nell’ambiente e nel suolo.

Il connubio tra droni e archeologia è stato di fondamentale importanza per Peck che si è avvalso dell’utilizzo dei droni per individuare le zone dove effettuare gli scavi attraverso l’elaborazione dei dati e delle immagini ottenute dai vari sorvoli. La scelta avviene anche valutando i cambiamenti nelle piante e nelle condizioni del terreno che si possono osservare attraverso il lavoro del drone. Vi abbiamo già parlato di impieghi similari di questi velivoli, leggete anche “Mappatura 3d con droni dei parchi europei” e “Droni per mappatura 3D del vulcano Etna”.

Grazie all’impiego dei droni è stato anche possibile creare una mappa 3D di una valle fluviale per misurarne l’erosione subita. Grazie poi al confronto tra questa mappa e una fatta in Gran Bretagna nel 1942, gli studiosi sono riusciti a determinare i cambiamenti naturali  che si verificano a causa dello scioglimento dei ghiacciai.

Grazie alle loro ricerche con droni, gli studiosi hanno trovato una moneta romana che potrebbe significare che il luogo era una volta un sito commerciale. Non sono stati ritrovati resti umani, infatti Smith sottolinea che: “Il giusquiamo e il mirtillo rosso in particolare indicano che stiamo vedendo DNA antico che è stato portato in questo luogo sotto forma di materiale vegetale dai coloni. Non abbiamo ancora trovato alcun DNA umano. Questo era il nostro obiettivo. Ma ogni anno il la tecnologia (e) gli strumenti di analisi migliorano”.

 

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