Drone subacqueo per la protezione della barriera corallina
Drone subacqueo per la protezione della barriera corallina realizzato dalla Queensland University of Technology. Un nuovo innovativo strumento in grado di salvaguardare milioni di coralli.
Secondo i ricercatori universitari a capo del progetto, il drone subacqueo denominato “LarvalBot”, sarà in grado di limitare l’annoso e pericoloso processo di “sbiancamento” della barriera corallina, segno tangibile della reazione dei coralli a qualche forma di stress, soprattutto all’aumento della temperatura dell’acqua. Là dove maggiori sono stati gli effetti del riscaldamento globale è stata riscontrata una maggiore incidenza dello sbiancamento, che può peraltro avere luogo in presenza di altri fattori: irraggiamento solare (radiazione fotosinteticamente attiva o esposizione a radiazione ultravioletta), cambiamenti nella composizione chimica dell’acqua (specialmente del grado di salinità) o della sua opacità, cambiamento di correnti (che, a causa dell’accumulo di sedimenti, finiscono per deviare l’acqua calda della laguna verso la barriera), malattie del corallo, oppure uno slittamento degli strati di silt. In generale le cause dello sbiancamento sono naturali, anche se non è del tutto esclusa l’azione dell’uomo, in particolare l’inquinamento.
Concretamente, in cosa consiste il drone subacqueo per la protezione della barriera corallina? Praticamente gli scienziati raccolgono centinaia di milioni di uova di corallo dai coralli che sono sopravvissuti ai più recenti eventi di sbiancamento di massa. le uova vengono poi allevate in grandi quantità all’interno di appositi “recinti galleggianti” direttamente sulla barriera corallina.
Una volta sviluppati (in circa 5-7 giorni), il drone “LarvalBot” aiuterà a trasportare le piccolissime larve di corallo nei reef mirati. Le larve allevate saranno anche distribuite come “nubi larvali” su aree danneggiate della barriera corallina su una scala più ampia di quanto fosse possibile in precedenza.
La tecnica di trasportare le larve di corallo allevate sulle barriere coralline è conosciuta come anche come “restauro larvale”.
L’utilizzo del drone subacqueo per la protezione della barriera corallina mira a ripristinare parti danneggiate della Grande Barriera Corallina e ad accelerare il recupero degli ecosistemi colpiti dallo sbiancamento dei coralli.
“Concentriamo le larve e mettiamo alcune di queste nel drone subacqueo “LarvalBot” per spruzzare gentilmente le larve sulle zone morte della barriera permettendole di depositarsi e trasformarsi in polipi di corallo o coralli piccoli”, ha detto il professor Peter Harrison, pioniere della tecnica di restauro larvale alla guida del progetto. “I coralli sopravvissuti inizieranno a crescere e germogliare e formare nuove colonie che cresceranno dopo circa tre anni per diventare sessualmente riproduttive e completare il ciclo di vita”.
Si stima che l’utilizzo di droni consentirà il ripristino dei coralli morti 100 volte più velocemente rispetto ai metodi precedenti.
Il progetto è diventato realtà dopo che i ricercatori hanno vinto 300.000 dollari dalla Out of the Blue Box Reef Innovation Challenge della Great Barrier Reef Foundation supportata dalla Fondazione Tiffany & Co.
Per maggiori informazioni vi consigliamo di visionare il video promozionale dell’iniziativa descritta in questo articolo e di leggere il seguente articolo: “Droni per il monitoraggio della barriera corallina”.