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Uso illecito di droni e minacce per la sicurezza

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Uso Illecito dei droni, una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico, così quanto spiegato in questo articolo redatto da Ferdinando Vertucci, Ispettore di Polizia penitenziaria, pilota droni ed istruttore.

I sistemi aerei a pilotaggio remoto, meglio noti all’opinione pubblica come droni, costituiscono sicuramente una delle novità più significative del settore aeronautico, evidenziando che una delle caratteristiche più insidiose di questi velivoli risiede proprio nell’essere una tecnologia c.d. “dual use”, applicabile cioè in ambito sia militare sia civile.

L’interesse crescente all’utilizzo di tali sistemi in ambito civile e nelle missioni di sicurezza pubblica si è registrato invece in tempi relativamente più recenti, grazie all’evoluzione ed ai progressi raggiunti in campo tecnologico che hanno condotto ad un continuo miglioramento delle caratteristiche tecniche e delle capacità operative di tali mezzi, così esordisce Ferdinando Vertucci, ispettore di polizia penitenziaria, da tempo appassionato ed autodidatta nel settore U.A.S. (Unmanned Aircraft System), dei quali è abilitato come pilota ed istruttore, impegnato da anni a sensibilizzare le pertinenti istituzioni, promuovendo un progetto di specializzazione per il Corpo di Polizia penitenziaria, avente come obiettivo l’istituzione dei Nuclei S.A.P.R. ( Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto) per la sorveglianza aerea degli istituti penitenziari, nonché per i diversi compiti ai quali sono demandati gli operatori del settore, quali attività di polizia giudiziaria, compiti di polizia stradale, bonifica di territori ed in tutte quelle operazioni specializzate inerenti la gestione delle calamità naturali ed attività di ricerca e soccorso, in collaborazione con le altre forze di polizia. Per approfondimenti leggete anche “Droni per la Polizia Penitenziaria”.

Uso Illecito dei droni: nuove necessità di specializzazione per la Polizia Penitenziaria

La realtà del mondo penitenziario è per lo più sconosciuta, continua il Vertucci, ma è bene affermare che la sicurezza penitenziaria può essere considerata una porzione di sicurezza pubblica ed il mantenimento dell’ordine e della disciplina negli istituti penitenziari è parte del processo di mantenimento dell’ordine pubblico. Garanzia dell’ordine, applicazione delle leggi, protezione della vita e della proprietà dei cittadini, essenziali al funzionamento di ogni società, sono pertanto i compiti tradizionalmente affidati ai Corpi di polizia, e quindi anche alla Polizia penitenziaria. Difatti, considerando il carcere come uno degli spazi fisici e sociali che compongono il tessuto urbano, il controllo sociale formale, nello specifico quello affidato alla polizia, si caratterizza anche negli istituti penitenziari attraverso pratiche selettive di gestione della sorveglianza.

In sintesi, controllo e gestione della popolazione detenuta rappresentano attività istituzionali attraverso le quali la Polizia penitenziaria assicura, come presidio di polizia, il mantenimento della sicurezza all’interno degli istituti penitenziari, indispensabile affinché l’esecuzione della pena sia effettiva e tenda alla finalità rieducativa propriamente riconosciuta dalla Costituzione, concorrendo così con le altre FF.OO. a salvaguardare la pubblica sicurezza. Leggete anche “Carcere di Lanciano, droni cercano di introdurre cellulari” e “Carcere di Avellino: un drone con un carico di droga”.

Alla luce di quanto in premessa, afferma l’ispettore, è doveroso sottolineare che quando si parla di attacchi alla sicurezza penitenziaria, dovuti all’utilizzo illecito di droni da parte dei malintenzionati, finalizzato all’introduzione, negli istituti penitenziari, di sostanze stupefacenti, telefoni cellulari, armi, e di qualsiasi altro oggetto non consentito dalla vigente normativa, mettendo con tali azioni in serio pericolo non solo la sicurezza in generale, ma, anche e soprattutto l’incolumità personale di tutti i soggetti che, con funzioni e ruoli diversi, contribuiscono a garantire il regolare svolgimento della vita di una società nella SOCIETA’, di conseguenza, in virtù di quanto predetto, ne risente l’ordine e la sicurezza pubblica di tutta la Società civile, e quindi, di tutti i Cittadini.

Il potenziale utilizzo dei SAPR per le finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, ad integrazione dei già collaudati strumenti di controllo del territorio, al fine di implementare l’efficacia della strategia di prevenzione e repressione di attività illecite, è stato posto in evidenza già da qualche anno dai vertici della Forze di Polizia.

Mediante l’utilizzo di tali velivoli, la Polizia di Stato in primis si è posta l’obiettivo di controllare dall’alto, mediante aeromobili a pilotaggio remoto, ad integrazione dei normali strumenti operativi impiegati per finalità di controllo del territorio e di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, tutti quegli eventi di particolare importanza e che necessitano di maggiore attenzione.

Oltre a ciò, l’obiettivo appare anche quello di disporre di strumenti tecnologici dotati di intelligenza artificiale che possono indubbiamente risultare molto utili in una miriade di contesti interessati dalle finalità istituzionali della Polizia di Stato e delle forze di polizia in generale, quali la lotta al terrorismo, anche internazionale, il supporto nell’ambito di operazioni ad alto impatto criminale, la polizia stradale, ferroviaria, di frontiera, senza dimenticare, naturalmente, i benefici in termini di persistenza, spendibilità e flessibilità operativa che l’utilizzo dei droni da parte delle forze di polizia può apportare se rapportato agli usuali dispositivi di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica utilizzati.

In questo panorama, una delle esigenze sicuramente più avvertite da chi ha il compito di tutelare la sicurezza pubblica è il contrasto al terrorismo internazionale ed in generale al crimine, soprattutto di tipo transfrontaliero. In relazione a queste finalità di contrasto, ma anche in virtù delle nuove esigenze di sicurezza penitenziaria, ribadisce il Vertucci, l’impiego di SAPR può fornire un valido supporto sia in termini di prevenzione che di repressione, svolgendo missioni ai fini di deterrenza nei primi casi, e, svolgendo una specifica sorveglianza aerea dei territori negli altri, contribuendo in maniera sostanziale anche ad apportare dei significativi mutamenti nel modus vivendi ed operandi dei criminali e dei movimenti terroristici o estremisti .

L’interesse sull’ambito delle Forze di polizia è stato alimentato anche grazie all’istituzione di un tavolo tecnico interforze e interdisciplinare, allo scopo di fornire ogni contributo per la proposta di una disciplina del settore.

Le modalità concrete di utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto in dotazione o in uso alle Forze di polizia di cui all’art. 16 della l. 1° aprile 1981, n. 121 , sono disciplinate dal decreto del Ministro dell’Interno del 29 aprile 2016, emanato di concerto con il Ministro della difesa e con quello delle Infrastrutture e dei Trasporti.

All’art. 3 del citato decreto viene specificato che “le Forze di polizia impiegano i SAPR ai fini del controllo del territorio per finalità di ordine e sicurezza pubblica, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale”.

Tale previsione appare del tutto in linea, in termini di doverosità della tutela della security in ambito nazionale, con quanto contenuto nel d.l. 18 febbraio 2015, n. 7 (noto come decreto antiterrorismo), convertito con modificazioni dalla l. 17 aprile 2015, n. 43, ed in particolar modo con la disposizione di cui all’art. 5, comma 3- sexies che di fatto delegava il Ministro dell’interno a regolamentare l’utilizzo dei droni da parte delle Forze di polizia, menzionando appunto le finalità di tutela della sicurezza pubblica, di controllo del territorio e di attività investigativa.

A tal riguardo, evidenzia l’ispettore di Polizia penitenziaria Ferdinando Vertucci, è utile sottolineare che la previsione dell’articolo 35-sexies, relativa all’utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto da parte delle Forze di polizia di cui all’articolo 16, primo comma, della l. 1° aprile 1981 n. 121, innovando lo articolo 5 del sopracitato d.l., ha escluso, di fatto, il Corpo di Polizia Penitenziaria dal novero delle Forze di polizia autorizzate all’utilizzo dei cosiddetti droni per le finalità istituzionali.

Successivamente, il nuovo art. 1-bis del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, introdotto in sede di conversione dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, ha esteso anche alla polizia penitenziaria la possibilità di fare utilizzo dei SAPR, allo scopo di «assicurare una più efficace vigilanza sugli istituti penitenziari e garantire la sicurezza all’interno dei medesimi». La norma va in particolare a novellare l’art. 5 comma 3-sexies del d.l. 18 febbraio 2015 n. 7, cui si è già fatto riferimento.

Nel merito, afferma rammaricato il Vertucci, dal 2020 ad oggi, nulla più è stato fatto dal Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (D.A.P. ) per dare seguito a quanto previsto dalla suddetta legge in favore della Polizia penitenziaria, fornendola di idonei dispositivi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (A.P.R. , comunemente detti droni ) e di una adeguata formazione e specializzazione per il loro impiego, nonostante il frequente verificarsi di fatti di cronaca che, negli ultimi anni, hanno visto come attori principali gli oramai famosi droni ed interessato molti istituti penitenziari, situazioni che, nella maggior parte dei casi, si sono concluse con il rinvenimento da parte degli operatori penitenziari di sostanze stupefacenti, micro cellulari ed ultimamente armi, insieme ai droni stessi, precipitati spesso per errore umano sul suolo, internamente alle strutture interessate.

Anche sul versante della necessità di programmare un’adeguata difesa dall’attacco di droni ostili, aspetto ancora non adeguatamente preso in considerazione né dalla normativa europea né da quella nazionale, è stata evidenziata l’esigenza di utilizzare tecniche che consentano di giungere alla veloce individuazione di un drone – non rilevabile dai normali radar – che voli in aree cittadine vietate o aree proibite, come gli istituti penitenziari.

Il maggiore elemento di complessità è costituito dal fatto che, in siffatti ambienti, non è possibile limitarsi all’ipotesi di mero abbattimento del drone ostile dovendo considerare il rischio di impatto e di esplosione a terra, per cui sono state prese in considerazione soluzioni volte a dispiegare, all’occorrenza, sofisticati dispositivi in grado di individuare, interdire e prendere il controllo di questi insidiosi oggetti, consentendo, al contempo, di localizzare il pilota e di guidare le autovetture delle forze dell’ordine alla sua neutralizzazione, soluzione quest’ultima maggiormente auspicabile per contrastare il fenomeno di utilizzo illecito dei droni in ambito penitenziario.

Inoltre, data la enorme varietà di velivoli a pilotaggio remoto presenti sul mercato, soprattutto dal punto di vista delle caratteristiche tecniche, un sistema anti-drone in dotazione alle forze di polizia dovrebbe essere modulare, ovvero basarsi su differenti tecnologie integrate tra di loro, in grado di ridurre la possibilità che il sistema generi falsi obiettivi positivi o negativi.

Stante questa premessa, una recentissima circolare del Capo della Polizia ha osservato che, a seguito della modifica del comma 3-sexies dell’art. 5 del d.l. n. 7 del 2015, apportata dall’art. 35-sexies del d.l. 4 ottobre 2018, n. 113, convertito dalla l. 1° dicembre 2018, n. 132, si è reso necessario procedere alla rielaborazione del decreto ministeriale del 29 aprile 2016 (allo stato attuale ancora in corso).

Solo all’esito del processo di revisione del suddetto decreto, il Capo della polizia disciplinerà, con apposito provvedimento, l’impiego dei SAPR delle forze di polizia, per le finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di controllo del territorio e di prevenzione antiterrorismo, nonché le specifiche modalità di utilizzo di detti sistemi nei servizi della Polizia di Stato, soprattutto per quel che riguarda il relativo impiego in occasione di eventi di particolare rilievo.

Si auspica, sottolinea nella parte finale dell’intervento il Vertucci, ad ogni buon fine, un intervento decisivo da parte dell’Amministrazione Penitenziaria per rendere, da un lato, sempre più tecnologicamente specializzato il Corpo di Polizia penitenziaria e, d’altro canto, per dotare gli Istituti penitenziari di strumenti di contrasto adeguati per ostacolare l’utilizzo illecito dei droni da parte della criminalità, nonché una più accurata armonizzazione tra le normative di riferimento in materia di tutela dei dati personali e di esercizio dei droni, oltre che una rapida definizione delle “linee guida” in relazione ai velivoli a pilotaggio remoto in uso alle Forze di polizia, da parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza .

Infatti, conclude l’ispettore, nonostante alcuni sforzi in tal senso siano stati compiuti dalla normativa emergenziale intesa a fronteggiare la pandemia da Covid-19, rimane pur sempre inattuato il dispositivo di cui all’art. 748 cod. nav. , nella parte che prevede l’emanazione di regole settoriali da parte delle varie amministrazioni dello Stato. Infatti, come si è già avuto modo di vedere nel corso della trattazione, risultano oggi previste solo le previsioni alquanto generiche del decreto del Ministro dell’Interno del 29 aprile 2016.

 

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