APR, aeromobile a pilotaggio remoto
APR è l’acronimo di Aeromobile a Pilotaggio Remoto, ovvero i più comuni droni. Spesso si sente questo termine quando si parla di droni. La parola è stata “coniata” dal normatore, che nel caso specifico è Enac, l’Ente Nazionale Aviazione Civile.
APR: acronimo di aeromobile a pilotaggio remoto
Come immaginiamo abbiate già capito, quando si parla di APR ci si riferisce a velivoli che non hanno una persona vera e propria a bordo che lo pilota, ma sono comandati a distanza da appositi radiocomandi più o meno performanti a seconda del drone. Leggete anche “DJI Rc Plus: nuovo radiocomando per droni”.
Oltre ad APR, si incontra anche la parola SAPR, in questo caso siamo in presenza dell’acronimo di “Sistema Aeromobile a Pilotaggio Remoto”, se con APR ci si riferisce al drone, qui il termine è più ampio, infatti “sistema” sta ad indicare tutta una serie di attrezzature oltre il vero e proprio drone. Dunque la cosiddetta “Ground Control Station” ovvero il radiocomando di cui sopra, lo stesso pilota e tutta la attrezzatura accessoria che serve per far funzionare il drone.
Questo è un termine – che rispetto ad APR – viene maggiormente utilizzato per identificare tutti quei droni che vengono utilizzati per scopi professionali, dove per pilotarli è anche necessario ottenere il cosiddetto “patentino drone”. Maggiori informazioni potete trovarle al seguente link: “Enac patentino drone: come ottenerlo”.
Gli APR e i rischi operativi per l’aviazione con equipaggio
Gli APR, fin dagli esordi hanno avuto vita non sempre facile, essendo una novità poco conosciuta, era in effetti anche difficile trovare una inquadratura normativa in grado da un lato di tutelare la sicurezza del volo, dall’altro dare un corretto sviluppo ad un settore emergenze e molto interessante per diversi aspetti, oltre che ludici, soprattutto professionali.
Per consentire i voli degli APR, le autorità di regolamentazione hanno dovuto mitigare i rischi di collisione con gli aeromobili tradizionali, quelli appunto con del personale a bordo. I primissimi anni di vita dei droni, hanno visto molte difficoltà a livello normativo, anche per la tecnologia non pienamente evoluta, i percorsi burocratici per far volare gli APR erano molte volte difficili e lunghi, così che molti potenziali piloti di droni abbandonarono il settore.
Gli attuali concetti operativi presuppongono che, per volare in uno spazio aereo non segregato, gli APR dovranno operare ad un livello di rischio almeno equivalente a quello sperimentato dagli aeromobili con equipaggio.
Da sottolineare però, che un recente studio di Easa, pubblicato anche sulle pagine del nostro blog solo qualche settimana fa (Leggete “Incidenti con droni: il rapporto annuale di EASA”) sottolinea che l’utilizzo degli APR nel corso dello scorso biennio è stato notevole, e nonostante ciò l’incidenza di sinistri è stata molto bassa.
Indicando appunto che nel corso degli anni si è raggiunto un grado di professionalità degli operatori APR sempre più alto, tale da aumentare la consapevolezza e la gestione del rischio, mitigando così gli incidenti.
Il futuro degli Aeromobili a Pilotaggio Remoto in Italia e in Europa
Quale sarà il futuro degli APR? Pensiamo la strada si effettivamente in discesa, ormai i percorsi formativi per pilotare i droni sono molto semplici e standardizzati, anche grazie all’avvento della normativa Europa che ha “armonizzato” le diverse legislazioni dei Paesi della UE.
Dal lato hardware, si sono raggiunti risultati stupefacenti, gli APR di oggi hanno tutta una serie di sensoristica molto raffinata, una fra tutte l’anticollisione che permette ai droni di collidere con oggetti e persone, grazie ad appositi dispositivi ottici che creano una sorta di bolla virtuale attorno all’APR.
Dunque un mondo tutto nuovo, da scoprire e da valorizzare, i droni permettono di effettuare tutta una serie di attività lavorative innovative, dalla fotogrammetria alla termografia, dall’agricoltura di precisione agli utilizzi della pubblica sicurezza…